David LaChapelle a Bologna: una serata al Kinki.

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L’ho trovato per caso.

Ricordavo di averlo e ricordavo che me lo aveva regalato firmato, ma non ricordavo che in quella dedica ci fosse un ringraziamento.

L’aneddoto è stupendo:

Anno 2001, mese Marzo.

Lui è qui a Bologna per la sua mostra “Photology” a Villa Impero e desidera venire al Kinki a passare una serata. Per sdebitarci per l’attenzione decidiamo di offrirgli una cena al Ristorante Diana, in pieno centro cittadino e dorme al Baglioni. Con lui c’è il suo staff che è composto da un paio di assistenti, Amanda Lepore e due ragazzi.

Io arrivo alla cena un po’ in ritardo e trovo il direttore del ristorante, il mitico Eros, che cammina avanti e indietro, sotto al portico, davanti all’ ingresso in evidente stato di agitazione.

Appena mi vede mi corre incontro e mi fa:

-“ Ma chi sono quelli che mi hai mandato a cena?”- e io:
-“ È un artista, un artista famosissimo con il suo staff, perché?”_
_” Ma come un artista famosissimo, chi è? chiii? Son tutti nudi e io ho Prodi in un tavolo e Montezemolo in un altro, ma che gente è???”-


Era disperato e in evidente imbarazzo, allora mi faccio spiegare bene perché, ovviamente, sono un pò sorpresa di sentire che erano “nudi”, quindi cerco di capire meglio e gli chiedo di spiegarmi:

-“Ma non lo so”- dice lui sempre più trafelato, -“ è arrivato questo gruppo, c’è una con un vestito che sembra un fazzoletto, non si immagina niente, poi ci sono due coi pattini in mutande! Ma ti rendi conto? i mie clienti sono basiti!!”-
-“Eros stai tranquillo, ti ripeto, il mio ospite è un famosissimo artista internazionale che sta esponendo a Bologna. Ora sono qui, vado a controllare poi raggiungimi che te lo presento.”-

Attraverso tutto il corridoio per arrivare in fondo al ristorante, ci avevano accomodato nella saletta separata in fondo a destra, e appena arrivo sulla soglia della sala vedo una tavolata molto colorata ma niente di eccessivo per i miei standard. Amanda Lepore era effettivamente praticamente nuda, ma niente di diverso da come l’avevo sempre vista nei club di New York; poi si, è vero, non ci trovavamo in un club in quel momento, ma vaglielo a spiegare…

I due “coi pattini in mutande” invece erano due giovani ragazzi, biondi coi boccoli, sembravano putti, imberbi e magri, indossavano uno slip dell’ Adidas modello 70s e calzettoni tubolari alti, con le righe blu al ginocchio. E i pattini a quattro ruote, coi quali, vengo a sapere, sono arrivati dal Baglioni al Diana percorrendo un tratto di via Indipendenza tra lo stupore generale (per allora uno spettacolo non comune). Gli altri commensali appartenenti allo staff di David erano persone abbastanza normali. Mi siedo e cominciamo a mangiare. Insieme a David e i suoi collaboratori c’erano un pò di ospiti che avevo chiamato per rendere ancora più internazionale la tavolata; mi ricordo tra gli altri Andrew Mackenzie all’epoca enfant prodige designer di una linea di jeans pazzesca con la sua cresta post punk rosa, se non ricordo male.

Quindi la cena procede tra amabili chiacchiere e i due putti che spesso si alzano e pattinano intorno alla tavolata e nel ristorante.

“Un pò lo Studio 54 dentro al Diana”..(cit.)

Arriva Eros, sempre visibilmente teso e si avvicina alla tavolata. Gli allungo il catalogo della mostra e lo invito a mostrarla ai suoi clienti sicura che avrebbero capito che si trattava di qualcuno di importante a prescindere dall’ aspetto bizzarro del gruppo.

Guarda il catalogo con interesse e pare già rilassarsi un poco, effettivamente sulla copertina c’è una foto che ritrae Madonna, quindi lo prende e sparisce.

Torna dopo dieci minuti letteralmente raggiante, mi rende il catalogo e se ne va tutto contento distribuendo complimenti a tutti i componenti della tavolata.

David mi prende il catalogo e me lo firma. Il “Thank You” l’ho visto oggi e sicuramente era riferito all’ ospitalità. Sorprende sempre l’educazione e l’umiltà, ancora di più da una star come lui che in quel momento era all’ apice della sua carriera. Ho conosciuto molte mezze calzette molto meno educate e umili che non hanno mai ringraziato per questioni molto più grosse, ma vabbè.

Quella notte al Kinki comunque per me fu uno sparti acque. La presa di coscienza di un fatto che stavo già notando ma che ancora non mi era chiaro.

Sentivo che da molto tempo ormai stavamo percorrendo la china di quel movimento che è nato negli anni ottanta ed è scoppiato nei novanta. Un movimento incredibile fatto di persone creative, disposte a rompere gli schemi senza essere mai lesive delle altrui scelte.

Ma, nonostante il party al Kinki sia stato comunque strepitoso grazie anche alla presenza di ospiti così importanti, come un fulmine mi colpì l’esternazione di un cliente che sentii dire : “ Oh ma se è un fotografo perché non fa le foto?”.

Lì capii che era finita

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