LA NUOVA DIPENDENZA
Come l’oppio nel 1800 e l’eroina nel 1900, la dipendenza dalla perfezione dell’ immagine di sé, del proprio status e del numero dei followers, è la droga del 2000?
Sulla bellezza sono capitolati tutti, è sempre stata l’unità di misura con la quale uomini e donne hanno misurato l’essenza stessa della persona. Davanti alla bellezza si intenerisce il cuore, si capitola, si concede, si è più magnanimi e ben disposti, e la ricchezza è sempre “interessante” e attrattiva.
I non bellissimi dei tempi antichi devono aver avuto una vita non facile in una condizione generale già piuttosto priva di comodità: senza energia elettrica, senza acqua corrente, aspettativa di vita abbastanza corta, senza parrucchiere, estetista, ottico, dentista e chirurgo! OMG!
Ti poteva capitare quindi -e capitava- già tra i 20 e i 30 anni di avere i capelli bianchi ( o averli già persi), i denti storti (o marci), peli ovunque, cecati e probabilmente non profumatissimi. Un pò di esercizio fisico invece si poteva anche fare, magari ispirandosi ai greci antichi come personal trainer. Insomma, si diventava vecchi in fretta e spesso non si era stati neanche belli. Ma il progresso avanza per fortuna, e grandi benefici sono derivati sia dalla scienza che dall’arte dell’estetica.
Sono arrivati gli anni ’80 dello scorso secolo, i fantastici, mitici e modernissimi anni ’80, quelli della Milano da bere, delle super models, dell’aerobica di Jane Fonda, del pronto moda, della subcultura Underground nella sua versione più glam di sempre e il mantra Work Hard, Play Hard con cui, complice il rapido sviluppo sociale ed economico, l’apparenza inizia ad avere un suo importante peso specifico a discapito dell’essere: l’edonismo è cominciato.
Attraverso la massiccia diffusione delle trasmissioni delle Tv commerciali, delle riviste di moda e dei film i canoni di bellezza e di status si sono elevati in fretta per un pubblico sempre più ampio. Fino a quel momento si era abituati ad una bellezza più ingenua, meno costruita e ostentata eppure i bellissimi e le bellissime c’erano, e spiccavano, eccome spiccavano!
Fino alla fine del secolo però, pur vivendo in un ambiente salubre e tutto sommato piuttosto piacevole, non era ancora frequente occuparsi in maniera ossessiva della propria immagine. Forse perchè ai tempi i rullini li compravi e lo sviluppo delle foto costava, quindi, a meno che tu non fossi un fotografo professionista o un talento naturale, non ti passava neanche per l’anticamera del cervello fare 15 scatti per avere la foto migliore, con la posa migliore e la luce migliore, per non parlare dei taroccamenti dei filtri, ma quando mai? Poi non è che avevi un pubblico a cui mostrarle, al massimo le facevi vedere ai tuoi amici nel bar o dove ci si ritrovava, anche perché, spesso, in quelle foto si era in compagnia, non soli, i selfie te li facevi nelle macchinette per le foto tessera, e quindi guardare le foto era un bel momento di condivisione con la propria cerchia di amici e/o familiari e affetti.
Ma è con l’ arrivo dei social, intorno al 2010, che assistiamo all’esplosione della condivisione dell’ immagine.
Non che noi e chiunque altro, avendo a disposizione gli stessi mezzi, non ne avremmo approfittato più che volentieri, anzi, e infatti ne approfittiamo a mani basse, ma non possiamo non osservare un fenomeno collaterale che non è da sottovalutare:
Gli standard si sono alzati al punto che, in molti casi, è normale non considerarli più né reali né naturali e da più parti iniziano a sollevarsi molti interrogativi e preoccupazioni sull’ impatto che avrà nella vita degli adolescenti una volta cresciuti. L’affermazione on line della propria personalità e status digitale ha oramai uguale peso (se non maggiore) della propria realizzazione offline e fisica.
Non affronterò il tema dal punto di vista sociologico-educativo, l’ argomento è serio, ho seguito diversi dibattiti in proposito e la preoccupazione è alta, mi limiterò ad osservarlo con un pò di ironia.
Da tempo penso che l’effimera sensazione di notorietà data dai social crei una dipendenza da cui è difficile staccarsi, è difficile per un adulto, figuriamoci per un giovane che non ha altre esperienze né termini di paragone. Il problema è che la bellezza è fugace, la ricchezza non è facile da conquistare, lo sappiamo bene noi che abbiamo già sperimentato il tempo in prima persona. Chi spiegherà alla giovane influencer (più per il suo aspetto che per i suoi contenuti) che tra pochissimi anni verrà rimpiazzata da un’altra bellezza più fresca e difficilmente lei,(o lui, che anche i maschi a narcisismo non scherzano) non potrà essere di nuovo la più bella del reame su un palcoscenico dove appare bello anche chi bello non è? Infatti, grazie alla ormai onnipresente possibilità di modificare qualunque particolare della foto si danno per scontati risultati falsi ai quali però si aspira, ignorando la realtà; assistiamo quindi anche al ricorso al chirurgo plastico in età sempre più precoce. La ricerca della perfezione, ovvero l’ eliminazione di tutti i difetti, attraverso, filtri, trucco e chirurgo è la spersonalizzazione totale, è il trasformarsi in un clone. Le Kardashian de noantri..
Qualche tempo fa ho visto un reportage da una cittadella della chirurgia estetica molto all’ avanguardia in Turchia dove mostravano che, dopo aver operato un setto nasale per farlo diventare corto e assottigliato secondo gli standard attuali, i chirurghi impiantavano un pezzo della cartilagine avanzata nel cuoio capelluto della paziente perché dicevano che, una volta passata questa moda , con quel pezzo sarebbero stati in grado di rimodellare i nasi secondo i prossimi dettami della moda. Previdente, ma agghiacciante! (Pieno così di italiani of course, perché i prezzi sono molto più bassi e la qualità dei risultati sembra buona.)
E poi è consuetudine acquistare soprattutto online, capi ed accessori, usarli per fare qualche scatto e qualche storia, poi renderli, così, solo per dimostrare di possedere qualche feticcio che non possono permettersi. Esistono anche società che noleggiano abiti e accessori di grandi firme che vanno molto bene, e anche gli acquisti in multiproprietà. Si direbbe: “vorrei ma non posso..”per fare una battuta.
Va detto che a volte ci sono dietro famiglie “disfunzionali” che agevolano comportamenti un pò troppo sbilanciati su schemi di valori che derivano forse più dalle proprie frustrazioni per non aver realizzato il sogno della vita: per i padri spesso si tratta di non essersi realizzati nello sport, calcio soprattutto, nelle madri non essere diventate modelle/attrici e, intravedendo del potenziale, con i mezzi messi a disposizione dalla tecnologia, si ergono a registi della vita dei figli creando una sorta di super io freudiano posposto all’ età adolescenziale. O anche una Soap Opera.
Insomma la questione è delicata. Se non stupisce più la vetrinizzazione e spettacolarizzazione di sé stessi attraverso le storie, i video e le foto, se ormai esibizionismo e ostentazione sono considerati atteggiamenti normali a beneficio di una propria audience che si mira ad incrementare a discapito delle esperienze reali, come verrà gestito il vuoto che si creerà in tutti quelli che non avranno contenuti per rimanere ai vertici? Come si gestirà l’astinenza da popolarità? Oppure, a cosa si sarà disposti a ricorre per non lasciare il trono?
Mi sorprendo a immaginare come possa essere l’ambiente in una reab per tossici da social e lo vedo un luogo asettico, spoglio e minimale, freddo, senza specchi, telefoni e connessioni naturalmente, e dove il percorso di recupero prevede, oltre ai classici metodi, l’arte: per mostrare un altro aspetto della Bellezza, e immagino che ci sia anche il teatro dove, interpretando la vita, si ricalibri la percezione della realtà.
Speriamo che non sia necessario.
Adoro le opere di Barbara Kruger per le contemporanee provocazioni che contengono. Ho una copia dell’ opera “Real or Fake” nel mio bagno e ogni mattina la guardo. È diventata un pò la mia bussola.